LB10F.08. Produzione di enzimi chitinolitici da funghi marini

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di Alessia di Flora


Il mio progetto consiste nello studio di alcuni funghi marini che vanno a degradare la chitina. La chitina
è uno dei componenti principali dell’esoscheletro degli insetti e degli artropodi, costituisce la struttura
fibrillare di resistenza della parete cellulare dei funghi, ed è presente anche nei rivestimenti cuticolari e
in altre strutture superficiali di molti invertebrati, è invece assente nei vertebrati. Lo scopo è quello di
ottimizzare la produzione di chitinasi (enzimi che degradano la chitina) ai fini di combattere
l’inquinamento dovuto alla chitina.
I gusci dei crostacei, infatti, generano diversi milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno e creano un problema
ambientale non di poco conto, analogamente alla plastica: questo è il motivo per cui i gusci dei crostacei
non si buttano nel secchio dell’organico ma nell’indifferenziato, proprio perché si decompongono in
centinaia di anni. In mare infatti l’inquinamento da chitina è un problema molto presente al giorno d’oggi,
proprio come la plastica: basti immaginare i gusci dei crostacei come fatti di plastica ed è facile pensare agli
enormi problemi che il loro accumulo può causare: anossia (scarso apporto di ossigeno), blocco dei raggi
solari e quindi ostacolo della fotosintesi in piante ed alghe, oltre al più ovvio ingombro fisico.
Nel mio lavoro di tesi mi sono occupata di due funghi marini (Trichoderma pleuroticola e Clonostachys
rosea) dove il ceppo di C.rosea preso in esame è risultato crescere bene in acqua salata e non salata e in un
ampio range di pH (acidi e basici), questo lo rende particolarmente interessante perché vuol dire che anche
i suoi enzimi riescono ad agire in vari ambienti diversi (salati e non salati – acidi o basici).
Mi sono concentrata durante la mia tesi nel trovare la fonte nutritiva di azoto ideale per applicazioni
industriali ma sarebbe utile procedere con l’ottimizzazione di altri parametri colturali. Inoltre, sulla base
delle analisi fisiologiche, dell’ampio euritermismo ed eurialinismo della specie, come pure dell’ampio range
di pH sarebbe molto interessante proseguire le ricerche al fine di verificare le potenzialità produttive in
condizioni “estreme” per disporre di enzimi in grado di degradare la chitina anche in tutte quelle situazioni
in cui i “normali” enzimi risultano ad oggi inefficaci.
Le sostanze di origine fungina che l’uomo ha utilizzato nel corso dei secoli e che hanno portato a dei
progressi indiscussi in molti ambiti scientifici sono molte. Oceani e mari rappresentano una grande riserva
di nuove sostanze con applicazioni potenziali in moltissimi ambiti: industria alimentare, mangimistica,
chimica, farmaceutica ed industrie che si occupano della produzione enzimatica.
Esiste una grande quantità di informazioni sui funghi marini terrestri e dulciacquicoli ma lo stesso non si
può dire dei funghi presenti in ambiente marino, dei quali conosciamo ben poco. Il loro ruolo nell’ecologia
marina, infatti, è un’acquisizione piuttosto recente ma il loro studio ha portato all’isolamento di metaboliti
ed enzimi che potrebbero trovare un largo impiego in diversi ambiti applicativi.
Gli enzimi marini che degradano la chitina potrebbero trovare applicazioni nella degradazione di materiali
ricchi di chitina salata (cioè residui delle industrie dei granchi o dei gamberetti).
Le chitinasi sono inoltre utilizzate anche per la produzione di zuccheri con funzione antiossidante e come
repellente per funghi parassiti delle piante.